lunedì 4 settembre 2017

La storia dell' opera lirica(parte prima)

Dalle origini al XVII secolo

Nell'opera confluiscono, stabilendo equilibri di volta in volta diversi, musica, poesia, scenografia, danza, recitazione. Nel Medioevo e nel Rinascimento esistevano forme di spettacolo con musica (dai drammi liturgici alle sacre rappresentazioni, alle feste teatrali e agli intermedi), ma l'opera propriamente detta nacque solo quando fu chiaro il fine di realizzare un dramma attraverso la musica e il canto, che dovevano avere una funzione primaria nella definizione dei personaggi e delle situazioni. In tal senso alle origini dell'opera si collocano le ricerche condotte negli ultimi due decenni del Cinquecento dalla Camerata dei Bardi
o Camerata fiorentina, soprattutto nel circolo che faceva capo a J. Corsi. A esso appartenevano Peri e Rinuccini, autori del primo melodramma, Euridice, nato sotto il segno di un'aspirazione a una mitica rinascita della tragedia greca, e concretamente vicino all'impostazione teatrale del dramma pastorale. Rappresentato nel 1600 alla corte medicea per il matrimonio di Maria de' Medici ed Enrico IV di Francia, fu seguito da analoghe esperienze presso altre corti o ambienti patrizi italiani, a Mantova e Venezia, dove operò Monteverdi, e a Roma con i fratelli Domenico e Virgilio Mazzocchi. Già con Monteverdi il “recitar cantando” delle prime esperienze fiorentine assunse i caratteri di un recitativo che, pur nel rigoroso rispetto della parola e delle ragioni drammatiche, si definì con più complessa autonomia musicale. Questa evoluzione proseguì nel corso del Seicento, mentre mutò il carattere dei libretti che, abbandonata la linearità pastorale degli inizi, si fecero sempre più densi delle componenti più svariate, desunte dalla storia, dalla mitologia, da molteplici fonti letterarie moderne, con spregiudicate mescolanze di serio e di comico, con ampi pretesti per fastosi effetti scenografici. Tra i maggiori successori di Monteverdi furono F. CavalliA. CestiA. Stradella, autori di opere che uscirono dai salotti patrizi e dalle corti per rivolgersi a vasti pubblici paganti. Infatti nel 1637 a Venezia era stato aperto il primo teatro per un pubblico pagante, cui, in un breve volgere di anni, se ne aggiunsero altri.

Dalla fine del XVII al XVIII secolo

Al gusto composito che dominò la seconda metà del Seicento (al quale contribuirono anche libretti di A. Scarlatti, una delle maggiori figure a cavallo fra i due secoli) reagirono A. Zeno e soprattutto Metastasio, i cui 27 melodrammi (1723-71) ebbero tale fortuna da essere musicati in ca. 900 opere. Riportando l'opera a maggior dignità letteraria, Metastasio finì per sancire definitivamente la separazione tra musica e dramma, confinando l'azione nei recitativi (che venivano per lo più liquidati sbrigativamente dai compositori con un formulario convenzionale) e facendo sì che l'interesse musicale si concentrasse nelle arie. Fatta eccezione per A.Vivaldi, l'opera seria settecentesca, dominata dalla scuola napoletana, si configurò di fatto come un'antologia di arie, concepita secondo principi profondamente diversi da quelli del dramma musicale moderno.Nei due Antonio Maria e Giovanni Battista Bononcini, in Porpora, in Händel (che scrisse opere nello stile italiano), in A. Scarlatti, e poi in L. VinciL. LeoPergolesiHasse, e infine in JommelliTraetta, De Maio, sensibili a esigenze di rinnovamento, si ravvisano valori musicali altissimi. Nell'evoluzione dell'opera ebbe un peso essenziale il parallelo definirsi di un gusto e di una tecnica vocale che conobbero il loro massimo fulgore con la voga dei castrati: si ebbe allora l'esplosione virtuosistica del “bel canto”. Anche negli altri Paesi l'opera italiana conobbe immediato successo e vasta diffusione: Vienna ne divenne uno dei centri maggiori; nell'area tedesca la suggestione dell'opera italiana si concretò nei vari tentativi di Schütz di creare un'opera nazionale, e nelle esperienze amburghesi di R. Keiser; anche in Inghilterra, un capolavoro come Dido and Aeneas (1689) di Purcell rimase un fatto isolato. Un'autonoma tradizione nazionale nacque invece in Francia a opera di Lulli, che definì la tragedie-lyrique come composito incontro di musica, poesia e danza, iniziando un genere che conobbe una significativa evoluzione con M. A. Charpentier e Rameau. Dopo la metà del Settecento il tedesco Gluck fece proprie le istanze di rinnovamento dell'opera seria italiana, che egli condusse a organica unità drammatico-musicale, e agì in modo determinante anche all'interno della tradizione francese. Altro essenziale fattore del superamento dell'opera seria fu la crescente affermazione dell'opera buffa(D. Cimarosa) Con minore rilievo si sviluppò nel Settecento francese l'Opéra-Comique che mescolava musica e recitazione,  Le varie istanze di superamento dell'opera seria accompagnarono una profonda trasformazione del gusto e della coscienza civile del pubblico: dalla fine del Settecento il rapporto tra situazione storica e trasformazione del gusto operistico si fece anche più diretto, mentre si affermavano, anche nel teatro lirico, il romanticismo e la concreta esigenza di un'opera nazionale, lontana dall'astrattezza cosmopolita di quella metastasiana. Diversi furono dunque nei vari Paesi gli sviluppi dell'opera ottocentesca, nonostante l'importanza dei rapporti reciproci.

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