Nel XIX secolo la musica strumentale ebbe una fioritura eccelsa , forse anche perché la musica sembrava corrispondere pienamente alle esigenze estetiche sorte con il romanticismo. Le opere di Schubert, Schumann,Brahms sembravano anelare al medesimo infinito, indeterminato, assoluto inseguito nella natura, nelle arti figurative, nella letteratura. La musica poteva esprimere l'intera gamma del sentimento, tanto le sue accensioni più passionali e titaniche, quanto i suoi risvolti più intimi; poteva dare ali al volo della fantasia e del sogno ; poteva confortare la brama di universalità e religiosità, esaudire la ricerca di un linguaggio immediato e alto
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A tal fine, si perfezionò la varietà degli strumenti orchestrali, perché si potessero ricostruire atmosfere emozionali e sfumature dei sentimenti con sempre maggior efficacia di impasto dei colori timbrici.Spronati dall’esempio monumentale delle nove Sinfonie di Beethoven, i sinfonisti dell’Ottocento si impegnano in un altissimo sforzo tecnico. Da allora, sia che si risolvano in costruzioni puramente sonore, sia che aspirino alla rappresentazione poetica di un contenuto programmatico oppure che assumano movenze folkloriche a testimonianza di un’identità nazionale, le opere sinfoniche diventano più espressive, più ricche dal punto di vista strumentale, più complesse negli schemi formali, caricandosi di valori ideali sconosciuti alle sinfonie dell’epoca classica.
Alcuni caratteri comuni contraddistinguono la produzione sinfonica europea del XIX secolo: l’impianto in più movimenti già reso stabile nella sinfonia classica, l’impiego di mezzi quasi esclusivamente strumentali e le dimensioni considerevoli delle singole composizioni.In generale, a una consistente riduzione nel numero di sinfonie prodotte da ogni autore (è macroscopica la distanza, mai più colmata, tra le più di 100 sinfonie di Haydn e le nove sinfonie di Beethoven) corrisponde un incremento di impegno compositivo, che si fa tangibile nell’estensione della durata delle singole opere, nella conseguente complessità di sviluppo tematico, nel progressivo ampliamento dell’orchestra e nell’acquisizione di nuove tecniche strumentali. Già nel 1804 la Terza sinfonia di Beethoven raggiunge dimensioni eccezionali, raramente superate nella produzione della prima metà del secolo. Sono però soprattutto alcuni lavori di Franz Liszt (la Faust-Symphonie e la Dante Symphonie) e le sinfonie di Anton Bruckner e di Gustav Mahler a toccare vertici assoluti di durata e complessità. Parallelamente alle dimensioni, la produzione sinfonica maggiore dell’Ottocento va sviluppando anche le risorse del mezzo orchestrale. L’orchestra romantica tipo si completa nella seconda metà del secolo, con la stabilizzazione dei tromboni nella sezione degli ottoni, la triplicazione delle parti dei legni, l’ampliamento delle percussioni (raddoppio dei timpani da due a quattro e uso abituale di grancassa, piatti e triangolo) e con il conseguente incremento del numero degli archi.Il piano generale della sinfonia romantica non si discosta in modo sostanziale da quello in quattro movimenti della sinfonia classica, articolato nella successione allegro-adagio-minuetto-allegro. Le eccezioni di maggior rilievo sono date dalla sostituzione del minuetto con lo scherzo – operata da Beethoven a partire dalla Seconda sinfonia (1802) e divenuta in seguito abituale. La maggior parte dei sinfonisti si attiene rigorosamente a questo schema, tra di essi Franz Schubert (che scrive le proprie sinfonie tra il 1813 e il 1828), Felix Mendelssohn (1824-1842), Johannes Brahms (1875-1885), Antonín Dvorák (1865-1893) e Anton Bruckner (1863-1896). L’alternativa più consistente, che discende dalla Sesta sinfonia Pastorale di Beethoven (1808), è quella della sinfonia in cinque movimenti: la si ritrova ad esempio nella Symphonie fantastique di Berlioz (1830), nella Sinfonia n. 3 Renana di Robert Schumann (1850), nella Sinfonia n. 3 di Pëtr Il’ic Čiajkovskij (1875), nella Sinfonia n. 2 di Mahler (1894).
Tipica della sinfonia romantica è invece la tendenza alla creazione di percorsi motivici che attraversano i singoli movimenti, così che l’opera acquista l’aspetto di un ciclo di brani dipendenti l’uno dall’altro. Schumann ricorre al procedimento ciclico in tre delle sue quattro Sinfonie (n. 2, n. 3 e n. 4), Brahms lo utilizza in due Sinfonie (n. 2 e n. 3), César Franck nell’unica sua Sinfonia (1888), Čiajkovskij nella Sinfonian. 5 (1888).
Un ulteriore fattore di sviluppo della forma sinfonica è dato dal rafforzarsi nella sinfonia ottocentesca della componente programmatica. Schumann collega la Sinfonia n. 1 all’idea poetica della primavera (1841), mentre Mendelssohn affida le proprie impressioni di viaggio alle Sinfonie n. 3 Scozzese (1842) e n. 4 Italiana (1833), con tanto di inserti musicali originali. Ma è soprattutto Berlioz con la Symphonie fantastique (1830) a schiudere alla sinfonia a programma potenzialità drammatiche fino ad allora inedite e a fissare il prototipo della sinfonia ispirata a racconti di carattere autobiografico. Spetta invece a Liszt creare un punto d’incontro tra sinfonia a programma e soggetti della letteratura universale con due lavori come la Faust-Symphonie (da Goethe, 1854) e la Dante-Symphonie (dalle prime due cantiche della Divina Commedia, 1856). Soprattutto nella Faust-Symphonie Liszt caratterizza i personaggi di Goethe con tali arditezze melodiche e tale originalità nell’organizzazione generale dell’opera da suscitare grande ammirazione nei contemporanei.
L’acquisizione alla sfera musicale di elementi nazionalistici (come ritmi e melodie tipici, procedimenti costruttivi o soggetti di tradizione popolare) è un’ulteriore occasione di sviluppo del genere sinfonico ottocentesco. In senso lato, radici nazionali si possono individuare anche nella sinfonia tedesca, tanto nello stile solenne, da chiesa, della Sinfonia della Riforma di Mendelssohn (1830) o della Renana di Schumann, quanto nell’impiego di motivi popolari di danza negli scherzi delle sinfonie di Bruckner e nell’importanza assunta dal canto popolare nelle prime sinfonie di Mahler. Ma quest’impostazione dà i frutti più consistenti nella sfera delle cosiddette scuole nazionali, in particolare boema e russa. Un’insolita commistione di elementi folklorici boemi e negro-americani si trova, ad esempio, nelle Sinfonie n. 8 (1889) e n. 9 Dal nuovo mondo (1893) di Dvorák. Mentre il sinfonismo russo ha i suoi punti di forza nelle tre Sinfonie di Aleksandr Borodin (1862-1887) e nelle Sinfonie n. 1 Sogni d’inverno (1866) e n. 2 Piccola Russia (1872) di Čiajkovskij.
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