MOTTETTO (o motetto, Motet, Motellus). - Forma di composizione musicale per voci. Il mottetto passò per così varie e persino contrastanti fasi di sviluppo, che non è possibile darne una definizione sola, se non molto vaga. Le più pApparso in Francia nel corso del sec. XIII, il mottetto appartiene come pratica d'arte tanto ai compositori parigini dell'Ars antiqua quanto ai trovatori, loro contemporanei dai quali
si sa che il mottetto era il canto simultaneo (a 2 o 3 voci) di una melodia gregoriana con una o più frasi profane (mot). Linkrecise varianti di significato debbono seguire di necessità i diversi momenti della sua vita storica.
Nello sviluppo che il mottetto prese durante il sec. XIII, e specialmente per l'enorme fioritura di mottetti in onore della Vergine, la lirica profana applicata a questa forma decadde sempre più e il genere andò prendendo la fisionomia sacra, che gli rimase poi stabilmente nei secoli seguenti. Link
Il principio del Quattrocento è l'epoca in cui il mottetto passa dal tipo antico a più testi a uno nuovo con testo unico e con carattere prevalentemente religioso.
Sembra che l'Inghilterra sia stata culla di questo nuovo stile, che dalle opposte rive penetrò nelle Fiandre, e quindi in Francia e in Italia. Tra i maestri inglesi che segnano il grado di maggiore sviluppo, a cui era giunta questa antica scuola britannica, troviamo John Dunstable (1370-1453) che fu il maestro dei più antichi compositori fiamminghi, G. Dufay e G. Binchois, introdusse per primo le forme della canzone popolare nel mottetto e aggiunse a esso gli accompagnamenti strumentali proprî delle forme dell'Ars nova fiorentina e francese. Link
Nel primo periodo fiammingo (rappresentato da Dufay, Binchois, Busnois) il mottetto abbandona come norma la composizione a tre voci per passare a quella a quattro voci. Link.Tolta la molteplicità dei testi, e adottato il testo unico, si raggiunge una maggiore omogeneità di espressione e di stile. L'ornamentazione strumentale propria della canzone italiana del sec. XIV vi compie ancora una parte importante; la tecnica del falso bordone con l'uso della terza e della sesta, opera efficacemente sul suo contesto armonico.Johannes Okeghem (1430-1495) è il maestro più rappresentativo di tale periodo. Nel mottetto egli tiene come norma l'uso delle 4 voci, ma giunge talora a combinazioni straordinariamente ricche di parti.Link Nei mottetti di Pierre de la Rue, condiscepolo di Josquin presso Okeghem, si avvicendano tratti compositivi molto complessi a momenti di grande semplicità e si riassumono così le principali tendenze dell'arte fiamminga.Link
Il terzo periodo franco-fiammingo culmina con Josquin Desprès, la cui importanza nel genere del mottetto è grandissima. I suoi meriti in confronto ai predecessori consistono principalmente nella semplicità melodica e nell'uso di una ampia gamma vocale.Link
Nel tardo Cinquecento fiammingo il mottetto continua con due maniere distinte: semplice, quasi popolare, l'una, omofona nella struttura con preminenza melodica della parte superiore; artistica l'altra e complicata di polifonici accorgimenti.
Ma ormai, sbocciate nel più fervido rigoglio le scuole romana e veneziana, il solo musicista di nazionalità fiamminga che possa gareggiare in pieno con i grandi campioni di quelle, è Orlando di Lasso.I mottetti di Lasso vanno da 2 a 5 voci e rivelano un'altezza d'ispirazione che può misurarsi con quella del Palestrina e dei Gabrieli.Link
Tuttavia il secolo d'oro della polifonia, anche per il mottetto, ha i suoi centri solari a Roma e a Venezia.
Il primo libro di mottetti pubblicato da Giovanni Pierluigi da Palestrina è del 1563, e contiene trentasei mottetti a 4 voci. Semplici nella fattura, si fondano su temi di origine gregoriana, elaborati con eleganza e sobrietà. Link Cominciano qui ad apparire i famosi Alleluja palestriniani, in cui pare attraversino il cielo le grida di giubilo delle angeliche schiere..Nella scuola romana si segnalarono per la ricca produzione mottettistica: Giovanni Animuccia, dall'armonia piena e robusta,; Costanzo Festa, i cui mottetti rivelano solennità e semplicità nuove al principio del '500. E, tra i seguaci di Palestina su tutti Gregorio Allegri.Link
Ma ciò che appare più notevole si è che la scuola romana più di ogni altra, anche quando il nuovo stile monodico accompagnato era penetrato ovunque, ha saputo mantenere alla forma del mottetto la sua purezza fino al sec. XVIII. In tal senso la denominazione "stile a cappella" equivale a stile romano, cioè a voci sole senz'accompagnamento.
Nella scuola veneta, l'altra delle due grandi scuole, che durante il Cinquecento si divisero il primato musicale, il mottetto, pur mantenendo le caratteristiche generali che distinguono l'arte polifonica di quel secolo, ne ebbe delle sue proprie spiccatissime.Le trasformazioni, che il mottetto ebbe nella scuola veneta, si riassumono, si può dire, tutte nell'opera dei due maggiori rappresentanti di essa: Andrea e Giovanni Gabrieli. L'innato senso del colore, proprio dei Veneziani, acquista in tale pratica un vasto campo ove spiegarsi. Gli strumenti infatti sono trattati da G. Gabrieli come gruppi corali che si rispondono; spesso i timbri acuti si oppongono ai gravi con sorprendenti risultati. Link
Mottetto in stile concertante. - L'avvento della monodia accompagnata determina un nuovo orientamento anche nel mottetto. Pur riconoscendo che questo ebbe i suoi predecessori in G. Gabrieli e in Adriano Banchieri, è consacrato nella storia come padre dello stile concertante Lodovico Grossi da Viadana. I suoi Cento Concerti Ecclesiastici a 1, 2, 3 e 4 voci, apparsi in due volumi nel 1602 e 1608, sono veri e proprî mottetti ai quali è aggiunta una parte d'accompagnamento, il basso continuo da realizzare sull'organo, e nei quali vi sono pezzi scritti per una voce nello stile recitativo dell'opera fiorentina. Link
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