disparatissime, risulta difficile definirne una rappresentazione stilistica unitaria.Consiste in un periodo in cui il rinnovamento del linguaggio musicale presenta un innegabile
parallelismo con quello del linguaggio figurativo. In ogni caso, quest'epoca della storia della musica è contrassegnata centralmente dall'avvento del basso continuo, certo uno dei dati più appariscenti della trasformazione del linguaggio rinascimentale che si compie intorno al 1600. Con l'assunzione da parte della musica strumentale delle forme di danza, anche il fluido e scorrevole ritmo rinascimentale si trasforma, razionalizzandosi. Gli strumenti stessi diminuiscono vistosamente
di numero e si perfezionano in funzione della ricerca di un nuovo ideale sonoro. Parallelamente alla musica strumentale, che trova a Venezia uno dei centri di maggiore sviluppo.
Musica strumentale
Il concerto grosso
I dodici Concerti dell'op.6 corrispondono alla fase "matura" del concerto grosso: un gruppo di solisti (nel caso di Corelli, due violini e un violoncello) detto "concertino" o "soli" si contrappone all'intero corpo dell'orchestra, detto "grosso" o "tutti". Non si ha una contrapposizione generica basata sul semplice contrasto di sonorità, ma una rigorosa divisione del lavoro: al "grosso" spetta l'esposizione del ritornello, al "concertino" gli episodi solistici, secondo la successione di parti e movimenti tipica della sonata a tre che verrà poi ripresa dal concerto solistico.La genesi del concerto grosso va cercata in una sorta di espansione sonora della forma della sonata a tre, nei due generi "da chiesa" e "da camera", e risale all'incirca alla metà del Seicento. Venne messo a punto a Roma, verso gli anni '80 del Seicento, da Arcangelo Corelli.
Il concerto solista
Generalmente si individua in Antonio Vivaldi, l'inventore del concerto solista, ossia l'evoluzione del "concerto grosso" verso una forma musicale che prevede uno o più strumenti solisti ai quali è assegnata una partitura "obbligata" o una sezione (comunemente chiamata sequenza) dedicata all'improvvisazione dell'esecutore.Link.
La suite
In alcuni tipi di suite un preludio dà inizio ai balli, in casi eccezionali si ha un'ouverture,una fantasia o una toccata. Fra la sarabanda e la giga si possono ritrovare danze come la gavotta, la siciliana, la bourrée, la loure, il minuetto, la musetta, mentre dopo la giga le danze ordinariamente sono la passacaglia e la ciaccona.La forma della suite si origina dalla pratica di accompagnare e sostenere la danza con un numero più o meno elevato di voci o di strumenti, ma il termine suite appare per la prima volta in una raccolta pubblicata dal compositore francese Philippe Attaignant nel 1529. La pratica di codificare in modo rigoroso la denominazione e la successione delle diverse danze è, però, molto posteriore e si verifica quando la suite diventa un "seguito" di danze puramente immaginarie. Si deve a Johann Jakob Froberger, allievo di Frescobaldi, la riduzione della suite alle sue quattro danze "di base" (allemanda, corrente, sarabanda e giga) e sarà questo il modello di base che seguirà Johann Sebastian Bach solo per alcune delle sue suite (le sue Suite Inglesi, ad esempio, sono articolate in otto danze).
La sonata barocca
Il modello originario appare a Venezia verso la fine del Cinquecento, grazie agli organisti e ai violinisti che prestano servizio presso la Cappella della Basilica di San Marco, ma l'idea di una forma strumentale totalmente autonoma dalla musica vocale prende però piede nell'altro grande centro musicale dell'Italia del tempo: la Basilica di San Petronio a Bologna. È qui che l'ordito contrappuntistico della sonata rinascimentale si scioglie nelle sue due polarità nascoste: da un lato il "basso continuo", dall'altro il libero gioco improvvisativo delle voci superiori. Nasce così il prototipo della cosiddetta "sonata a tre", il cui organico è costituito dal continuo e da due strumenti melodici. A partire dalla seconda metà del Seicento la sonata a tre si divide in due forme complementari: da un lato la "sonata da chiesa", inizialmente destinata a sostituire le parti mancanti della liturgia vocale e dunque caratterizzata da una severa scrittura contrappuntistica, dall'altro la "sonata da camera", indirizzata originariamente all'intrattenimento e quindi segnata dalla scrittura ritmico-melodica tipica delle forme di danza.
Gli strumenti nella musica barocca
In epoca barocca ebbero un ruolo particolarmente importante gli strumenti d'armonia dedicati all'esecuzione del basso continuo, che è il vero denominatore comune di tutta la produzione musicale. Fra questi, i due di uso prevalente erano l'organo e il clavicembalo (ai quali è dedicata, inoltre, una vastissima letteratura solistica; ne sono un semplice esempio le 555 sonate per clavicembalo di Domenico Scarlatti oppure L'Art de Toucher le Clavecin di François Couperin). Il basso continuo, tuttavia, era anche realizzato dalla tiorba, dall'arpa e occasionalmente dal regale; era prassi frequente che più strumenti (ad esempio organo e tiorba) concorressero all'esecuzione del basso continuo, soprattutto in compagini orchestrali o corali numerose[2]. Fra gli strumenti a corda erano pure molto diffusi, sia come strumenti solisti che come strumenti d'accompagnamento, il liuto e la chitarra. Il clavicordo, per contro, era apprezzato ma era destinato a un uso esclusivamente solistico.
Per quanto riguarda gli strumenti melodici, nel passaggio dal Rinascimento all'epoca barocca si riscontra una generale riduzione nella varietà di strumenti utilizzati: mentre nel XVI secolo praticamente ogni strumento melodico, sia a fiato che a corde, era costruito in taglie differenti, che riproducevano le diverse estensioni vocali (e spesso erano indicate con i termini "soprano", "contralto", "tenore e "basso"), nel corso della prima metà del XVII secolo, con la nascita di una vera e propria letteratura strumentale idiomatica, in ciascuna "famiglia" di strumenti fu privilegiata un'unica taglia[3]. L'unica rilevante eccezione è costituita dalle viole da braccio, per le quali si consolidarono le quattro versioni che tuttora conosciamo (violino, viola, violoncello e contrabbasso).
A fianco della famiglia degli archi, che costituivano l'elemento irrinunciabile di ogni insieme orchestrale, gli strumenti più frequentemente usati fra quelli acuti erano:
- il cornetto, che nella prima metà del XVII secolo contendeva al violino il ruolo di strumento solistico e virtuosistico per eccellenza;
- l'oboe, discendente diretto dal contralto della bombarda rinascimentale; erano usate, per particolari effetti timbrici, anche versioni di taglia maggiore e con alcune peculiarità costruttive, dette oboe d'amore e oboe da caccia;
- il flauto dolce, prevalentemente nella taglia di "contralto" (in sol nella prima parte del XVII secolo, in fa successivamente);
- il flauto traverso, nella taglia in re. Sia il flauto traverso che il flauto dolce subirono rilevanti modificazioni costruttive rispetto alle versioni rinascimentali: in particolare, nella seconda metà del XVII secolo si iniziò a costruire questi strumenti in più parti smontabili (tre o quattro), per permettere agli strumentisti di adeguare l'intonazione dello strumento ai diversi "la" che coesistevano.
Fra gli strumenti gravi:
- la viola da gamba (nella taglia di basso, anche se era occasionalmente impiegata anche nella taglia di dessus: in Inghilterra il consort di viole da gamba, che includeva tutte le taglie, era tuttavia ancora in auge nel XVII secolo);
- il trombone;
- il fagotto, discendente diretto del basso della famiglia delle dulciane;
Nell'orchestra barocca erano spesso presenti anche la tromba e il corno (all'epoca, entrambi senza pistoni); fra gli strumenti a percussione acquistò particolare importanza il timpano.
Accanto a questi strumenti di largo uso sia come strumenti solistici che nell'orchestra, in epoca barocca godettero di occasionale popolarità nell'ambito di specifiche scuole o mode musicali:
- il mandolino;
- la viola d'amore, viola da braccio con corde aggiuntive di risonanza;
- la lira da braccio e la lira da gamba, strumenti ad arco adatti all'accompagnamento armonico;
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