venerdì 15 settembre 2017

Benvenuti su musicalivigno !!

                                             Benvenuti su questo Blog!


Salve ragazzi e ragazze dell'Ic.Livigno. Perchè questo blog? Facile....Ho voluto eliminare il libro di testo e in questo sito troverete tutto quello di cui avete bisogno per lo studio,la pratica e l'ascolto della musica. Qui infatti posterò tutte le schede e le video lezioni che serviranno al ripasso e all'approfondimento della musica. Pubblicherò inoltre tutto il materiale per gli esercizi di pratica strumentale. Uno blog con il quale potrete interagire con me fare domande,richieste e chiedere le informazioni delle quali avrete bisogno.Uniremo il tutto con la piattaforma padlet.com per le ricerche e Weschool per test e verifiche anche con tablet e cellulari. Un mondo sempre online pronto senza zaini ..... Quindi buono studio e buona musica a tutti!!

giovedì 14 settembre 2017

La musica come prodotto commerciale (parte prima)

A molti di voi è già noto questo video che ho postato. Questo gruppo Australiano ha unito in un collage pezzi di circa quaranta brani musicali che sono hit internazionali e che hanno tutti un denominatore comune: quattro accordi!. Le grandi case discografiche ( e non solo) puntano sempre di più su un prodotto musicale facile da ascoltare con una combinazione armonica che ,in qualche modo, renda una canzone subito familiare naturalmente a discapito della qualità artistica.
Si tratta di un vero e proprio prodotto preconfezionato da somministrare alle masse  che così si assuefanno e si appiattiscono sempre ascoltando le stesse cose.Questo genera inevitabilmente un impoverimento e una chiusura pressoché totale verso altre forme musicali che,per la loro varietà timbrica,ritmica e sonora(per non parlare dei testi....),vengono emarginate e bollate come "difficili" o "noiose". Sarebbe come dire che se si mangia tutti i giorni pasta in bianco, un buon piatto di lasagne sarebbe troppo complicato da gustare..... Aldilà di questo banale esempio, dobbiamo riflettere sulla massificazione della musica che invece di essere apportatrice di innovazione culturale,diventa un contenitore di cose vecchie dette e ridette,alle quali noi permettiamo di mortificare la nostra intelligenza. Viene meno,infatti, la curiosità,la sperimentazione, l'apertura intellettuale che dovrebbe essere propria delle generazioni più giovani. Ecco perché da sempre mi batto nella scuola primaria e secondaria,per farvi avere un ascolto critico e consapevole di ciò che sentite, capendo le forme e le infinite sfumature che il linguaggio musicale ha per sua natura e che dovrebbe aiutare a vivere con fantasia e a colori e non certo con la pochezza cromatica contenuta nella musica commerciale la quale serve a far ridere pochi (quelli che con quattro note fanno milioni!). Pensate solo alla difficoltà che avete quando ascoltate un brano di gruppi rock degli anni '70 o '80.....non parlo di Mozart,parlo di quarant'anni indietro. Ebbene quella musica non è fatta di quattro accordi( ovviamente parlo di musica rock e non pop!). Riprendiamoci i nostri spazi e allarghiamo i nostri confini. Impariamo a scegliere e non ad essere scelti.

Le forme sacre del rinascimento :l'Oratorio

Le vicende dell’oratorio musicale che si sviluppa in Italia nella prima metà del Seicento su una tradizione di pratiche devozionali consolidata nel secolo precedente, sono strettamente legate a quelle del melodramma. L’oratorio ne assume infatti gradualmente i caratteri presentandosi come una sorta di traduzione in chiave sacra del melodramma stesso. Nella seconda metà del Seicento l’oratorio musicale si diffonde dall’Italia in altre regioni d’Europa, e soprattutto nei Paesi cattolici.
Nel XVI secolo presso la Congregazione dell’Oratorio si praticano i cosiddetti “Esercizi dell’Oratorio”, efficacemente descritti da Cesare Baronio, discepolo di Filippo Neri.
Gli “Esercizi dell’Oratorio” si diffondono ben presto in altri oratori romani; la pratica musicale ne è parte integrante: col canto comunitario delle laudi, ma anche con l’ascolto di brani eseguiti da musicisti pagati dalla Congregazione dell’Oratorio.
Le musiche delle laudi possono essere espressamente composte per intonare testi a soggetto religioso, oppure mutuate da canti profani di dominio comune: e la conoscenza diffusa delle melodie incoraggia i partecipanti agli Esercizi alla pratica del canto comunitario.
Tra il 1563 e il 1600 vengono stampate numerose raccolte di laudi, composte appositamente per l’oratorio di Filippo Neri soprattutto da Giovanni Animuccia.
Fin dai primi anni del Seicento lo stile musicale degli oratori viene sempre più accostandosi al gusto operistico, in accordo con la crescente fortuna del melodramma. Le nuove tendenze musicali espresse dalla Camerata di Firenze influenzano in maniera determinante i repertori musicali dell’oratorio romano.
Gli esercizi spirituali fondati da Filippo Neri si trasformano progressivamente in occasioni musicali nelle quali, pur senza perdere di vista il significato spirituale, il godimento estetico diviene l’aspetto prevalente.
A Roma le messe in scena di melodrammi nel primo Seicento hanno per mecenati soprattutto i Barberini anche nella persona del cardinale Antonio. È facile comprendere come si articoli, in questa città e sotto l’influsso di questa committenza, la fusione tra generi musicali profani e forme sacre.
La cultura dell’epoca mira a conciliare la riscoperta della cultura classica col pensiero cristiano e con la propaganda della Controriforma.
La musica che accompagna i testi sacri, pur rivolta a lodare il Signore, ammicca anche, nell’utilizzare il recitar cantando, ai fasti del passato classico che si vuol far rivivere, negli edifici sacri come sui palchi dei teatri, nelle illustrazioni di scene bibliche come negli affreschi che rievocano sulle pareti dei palazzi una favoleggiata età dell’oro.
La storia dell’oratorio musicale nel Seicento è, in buona misura, la storia della penetrazione di forme del teatro musicale profano in pratiche devozionali già esistenti, nelle quali la parte musicale era assolta dal canto collettivo delle laude in volgare e dei mottetti in latino.
L’oratorio musicale si svilupperà, nel corso del secolo, in due direzioni diverse, seppure contigue: l’oratorio in volgare, che ha come antecedente più immediato la lauda, e l’oratorio in latino, che affonda le sue radici nelle vicende del mottetto, e si rivolge a un pubblico più ristretto e più colto. Queste due forme, se pure diverse sul piano della lingua e, in parte, su quello dell’ambiente di destinazione, seguono il medesimo iter per quanto riguarda lo sviluppo della struttura musicale.
Nel primo ventennio del Seicento le composizioni scritte per gli Esercizi spirituali dell’oratorio sono sempre più spesso in forma di dialogo, adatte a essere drammatizzate con un’esecuzione affidata a due o più cantanti, ciascuno dei quali dà vita, con la propria voce, a un personaggio diverso.
Ai personaggi dialoganti si aggiunge di frequente un’altra figura drammatica, sia essa rappresentata da un solo esecutore o da un coro: quella del narratore, cui è affidato il compito di legare le parti eseguite dai cantanti inserendole in una logica successione di eventi.
Anche se la Rappresentatione di Anima et di Corpo di Emilio De Cavalieri non è ancora un oratorio musicale in senso proprio, pure la sua messa in scena (Roma, 1600) segna l’inizio della pratica di mettere in musica e drammatizzare testi sacri con il nuovo stile del recitar cantando nel modo che diventerà proprio dell’oratorio secentesco.
È del 1619 iTeatro armonico spirituale di Giovan Francesco Anerio (1567-1630), una raccolta di madrigali spirituali destinati a essere eseguiti durante gli Esercizi oratoriali.La maggioranza dei testi del Teatro armonico spirituale è a struttura dialogica e ha spunti drammatici. La musica del Teatro, in generale, mutua il suo carattere da quello del madrigale del tempo. Sebbene nel Teatro non compaiano recitativi veri e propri, molti passaggi sono caratterizzati da uno stile declamatorio che ricorda in certa misura il recitar cantando che l’oratorio musicale degli anni successivi mutuerà dal melodramma.
I luoghi deputati all’esecuzione degli oratori musicali, che adesso non sono più soltanto gli oratori o le chiese, ma anche i palazzi signorili o le loro corti, assumono in quelle occasioni la funzione di vere e proprie sale da concerto.
È Giacomo Carissimi (1605-1674) a portare a piena maturazione la forma dell’oratorio musicale, quale rimarrà in uso nei decenni successivi. Negli oratori di Carissimi la differenziazione formale tra aria e recitativo è meno netta di quanto non accada nelle cantate da lui stesso composte. Si ritrova comunque anche qui lo stile del belcanto, che sottolinea i rapporti di questa produzione oratoriale con le tendenze emergenti della tradizione vocale profana.
Con Alessandro Stradella (1639-1682) l’oratorio della seconda metà del Seicento raggiunge la sua forma più compiuta. Stradella, col quale in ambito strumentale inizia la fortuna del concerto grosso, sperimenta dapprima nell’oratorio S. Giovanni Battista la suddivisione della compagine orchestrale in concertino e concerto grosso.

lunedì 11 settembre 2017

La musica sacra nel medioevo :la Lauda


Lauda Componimento poetico di argomento religioso e di carattere popolare, proprio della letteratura italiana medievale. Nacque probabilmente fra l’Umbria e la Toscana (IacoponeGuittone), si diffuse largamente in relazione al movimento dei disciplinati o flagellanti (1260) e fiorì sino alla fine del 15° secolo. La primitiva forma era una semplice cantilena in lasse monorime contenente la lode di Dio, della Vergine e dei santi
, ma ben presto comparve la lauda dialogata, che privilegiò i temi riguardanti fatti del Vecchio e Nuovo Testamento e le leggende sacre, adatti a una rudimentale azione scenica. Quest’azione, limitata dapprima a pochissimi personaggi e senza apparato scenico, si venne più tardi ampliando e si recitò su una scena preparata. Di qui nacquero le sacre rappresentazioni. Sia la lauda lirica sia la drammatica dall’Umbria si diffusero un po’ dappertutto, dal Piemonte all’Abruzzo, ma specialmente nell’Italia centrale. In origine semplice cantilena in lasse monorime, la lauda assunse una forma metrica peculiare nel corso del Duecento, soprattutto ad opera di Iacopone da Todi.
Le lauda erano spesso musicate, specie quando avevano forma lirica o lirico-narrativa. Tra i molti laudari pervenutici, alcuni (per es., il manoscritto  51 dell’Accademia di Cortona, fine 13° sec.) conservano le melodie, che si evolsero dalla primitiva iterazione d’un unico segmento melodico (su modello delle litanie) fino alla forma tripartita (A-B-A) che rispondeva alla stessa struttura del testo poetico. La melodia si potrebbe ricollegare a esempi liturgici (canti alleluiatici, sequenze), ma differisce dal gregoriano per il contorno della frase, la ritmica binaria suggerita dal metro poetico, la tendenza tonale verso il maggiore-minore moderno. La composizione rimane però ancora monodica (di laude armonizzate a 3 o 4 voci non se ne hanno che dalla fine del 14° al 15° sec.). L’accompagnamento strumentale (a quel che appare dalle miniature dei codici) era affidato a viole, liuti, salteri e trombe.link

Trovatori e Trovieri

Trovatori e Trovieri
Poeti-musicisti nella Francia dell’epoca cavalleresca .                                              Con i termini trovatori e trovieri – dal francese troubadours e trouvères si indicano dei poeti-musicisti attivi rispettivamente nella Francia meridionale e settentrionale dalla fine dell’11° alla fine del 13° secolo. Solitamente di nobile famiglia, essi componevano ed eseguivano raffinate e intellettuali chansons di soggetto per lo più amoroso.

Troubadours
Il termine italiano trovatore deriva dal francese troubadour, che ha origine dal verbo trobar, a sua volta connesso al termine tardo-latino tropare, con cui si indicava l’arte di inventare rime su una melodia già esistente o, al contrario, di rivestire un testo poetico con una nuova melodia.
L’arte trovadorica si sviluppò in Provenza tra il 1070 e il 1220 circa, utilizzando la lingua in uso nella Francia meridionale, detta lingua d’oc, dalla particella affermativa che significava «sì». Con i trovatori si sviluppò nell’Europa medievale (Medioevo) una nuova sensibilità, che portò a dignità culturale, letteraria e artistica la musica profana; precedentemente infatti la musica elevata (cioè non da ballo o di intrattenimento) era destinata alle sole celebrazioni religiose.
I trovatori appartenevano solitamente alla nobiltà, essendo principi, cavalieri o, in qualche caso, dame. La loro poesia raffinata ed elegante, anche se talvolta artificiosa, celebrava i valori dell’amor cortese e della bellezza della natura.
I trovatori codificarono diversi procedimenti poetici: il trobar clu, cioè «chiuso», di difficile comprensione; il trobar overt, ossia «aperto», «chiaro»; il trobar ric, «fiorito»; il trobar leu, «lieve», «semplice».
Della lirica trovadorica ci sono pervenuti circa 2.600 componimenti poetici di oltre 450 poeti, ma solo circa 260 melodie. Tra i più importanti trovatori di cui si sono conservate anche le musiche vi sono Guglielmo IX duca d’Acquitania, Marcabru, Jaufré Rudel, Bernard de Ventadorn, Peire Vidal, Rambault de Vaqueiras e Guiraut Riquier.
Trouvères
L’arte dei trovatori e dei trovieri fiorì durante il tragico periodo delle crociate. Proprio una di esse, quella spietata contro gli eretici albigesi (1208), rappresentò un colpo insanabile per la Provenza e per i trovatori, favorendo nella Francia del Nord una fioritura artistica analoga a quella provenzale.
I poeti-musicisti della Francia settentrionale presero il nome di trouvères (derivato dalla stesso termine latino, in italiano trovieri); la loro lingua era quella detta d’oil – anch’essa denominata dal modo di dire «sì» – da cui si sviluppò il francese moderno. Dei trovieri ci sono rimaste maggiori testimonianze musicali: i codici infatti contengono più di 2.000 composizioni di oltre 200 poeti e circa 800 melodie.
Come nel caso dei trovatori, è generalmente facile attribuire i testi ai singoli poeti, mentre molto più difficile è individuare gli autori delle melodie. I trovieri più significativi sono stati Chrétien de Troyes, Blondel de Nesles, Gace Brulé, Conon de Béthune, Gautier d’Epinal, Thibaut IV ultimo re di Navarra e infine Adam de la Halle, che insieme a Perotinus fu il più grande musicista francese del 13° secolo.
I generi musicali più diffusi
Le composizioni dei trovatori e dei trovieri erano tutte monodiche, cioè a una sola voce, a eccezione di quelle composte da Adam de la Halle. I codici hanno tramandato solo delle melodie; tuttavia dalle fonti iconografiche del tempo, soprattutto miniature, sappiamo che i canti dei trovatori e dei trovieri erano spesso accompagnati da strumenti, come piccole arpe o vielles. I componimenti, designati come canso (nella lingua d’oc) e chanson (nella lingua d’oil), erano soprattutto di argomento amoroso; tuttavia vi erano anche altri termini che indicavano particolari forme caratteristiche, usate o dai trovatori, o dai trovieri, o da entrambi.
I generi più diffusi erano l’alba, che descriveva il risveglio di due amanti; la ballata, una canzone da ballo; la pastorella, di ambiente campestre; il sirventese, a carattere satirico o moraleggiante; il plahn, un lamento; la discordia, in cui ogni strofa era scritta in una lingua diversa; infine il tenso, in forma di dialogo su temi di attualità e politici.
Se l’andamento delle melodie è oggi decifrabile abbastanza agevolmente, l’imprecisione della notazione del tempo riguardo alla ritmica rende molto problematico ogni tentativo moderno d’interpretazione e di trascrizione.

L'Impressionismo in musica: Claude Debussy

Un nuovo mondo sonoro tra Ottocento e Novecento
Figura geniale di innovatore, profondamente anticonvenzionale, il compositore francese Claude Debussy rivoluziona l'armonia, il ritmo, la sonorità e la forma della musica occidentale della seconda metà del 19° secolo. Frequentatore di circoli letterari e artistici parigini di fine secolo, fu influenzato dal movimento simbolista francese e condivise con gli impressionisti l'attenzione per la natura
Da Parigi a Roma
Claude Debussy nasce a Saint-Germain-en-Laye, vicino Parigi, nel 1862. La sua famiglia si trasferisce poco dopo a Parigi dove nel 1872 Claude entra in conservatorio. Studia dapprima pianoforte e in seguito composizione con Ernest Guiraud, mostrando idee originali poco compatibili con le regole dell'insegnamento tradizionale. Nel 1880 NadeŠzda von Meck, l'aristocratica protettrice di Pëtr I. ŠCajkovskij, lo assume come pianista. Al seguito della von Meck Debussy viaggia visitando numerose città tra le quali Venezia, Firenze, Vienna e Mosca. Nel 1884 vince il Prix de Rome che gli garantisce un soggiorno a Villa Medici a Roma. Qui compone, tra l'altro, Printemps per coro femminile e orchestra (1887) brano ispirato al noto dipinto di Sandro Botticelli, La primavera.
Gli anni del simbolismo
Rientrato a Parigi, Debussy frequenta gli ambienti musicali e letterari della capitale. Mette in musica poesie di grandi poeti francesi quali Paul Verlaine e Charles Baudelaire. In Germania, a Bayreuth, assiste alle opere di Richard Wagner, musicista ammirato dai letterati e artisti simbolisti. Lo attraggono inoltre le nuove sonorità del gamelan, un'orchestra di strumenti a percussione indonesiani, che egli ascolta all'Esposizione universale di Parigi del 1889.
Negli anni Novanta Debussy è profondamente attratto dal simbolismo, movimento letterario di fine Ottocento attento agli aspetti più misteriosi della realtà, alla dimensione del sogno, alla musicalità della parola. Un esempio di questo avvicinamento è il Prélude à l'après-midi d'un faune per orchestra (1894), ispirato a una poesia del poeta francese Stéphane Mallarmé. Il brano evoca i sentimenti di un fauno che, in un caldo pomeriggio, si abbandona a fantasie amorose. La misteriosa atmosfera di sogno del poema di Mallarmé viene interpretata da Debussy con un nuovo linguaggio musicale e una concezione non convenzionale della forma.
Nello stesso periodo il compositore decide di mettere in musica Pelléas et Mélisande (1902), un testo teatrale dello scrittore simbolista belga Maurice Maeterlinck. La vicenda di questo dramma lirico in cinque atti si svolge in un luogo e in un tempo volutamente imprecisati. È centrata sul tragico amore di Pelléas (tenore) e Mélisande (soprano), malinconica moglie di Golaud (baritono) il quale, scoperto il sentimento dei due amanti, uccide per gelosia Pelléas e ferisce Mélisande che muore poco dopo. Anche in Pelléas et Mélisande la forte originalità di Debussy approda a una nuova concezione del teatro musicale che rompe con le convenzioni dell'opera dell'Ottocento.
I grandi lavori dei primi anni del Novecento
Dopo il successo dei Nocturnes per orchestra (1897-99) e di Pelléas et Mélisande, Debussy compone La mer (1905), tre schizzi sinfonici ispirati a tre immagini naturali: Dall'alba a mezzogiorno sul mareGiochi di ondeDialogo del vento e del mare. La fluidità dell'acqua, i suoi riflessi ‒ che avevano suscitato l'interesse dell'impressionismo pittorico ‒ e più in generale i fenomeni naturali (vento, pioggia, neve, nebbia) vengono spesso associati da Debussy a una innovativa ricerca armonica, ritmica e pianistica nelle due serie di Images (1905; 1907), nelle due raccolte di Préludes (1910; 1912), nei Children's corner (1908), "angolo dei bambini" dedicato alla figlia Chouchou.
Il fascino dell'Oriente, anch'esso diffuso negli ambienti simbolisti e impressionisti francesi, emerge invece nelle Estampes per pianoforte (1903). Nell'ultima produzione del compositore ‒ il balletto Jeux per orchestra (1913), i 12 Études per pianoforte (1915), le tre Sonate da camera (1915-17) ‒ si avverte infine un'esplorazione del suono che assume tratti di grande modernità.
La suite bergamasque è una delle più famose suite composte per il solo pianoforte da Claude Debussy. La composizione fu iniziata intorno al 1890, ma significativamente riveduta subito prima della pubblicazione nel 1905. Debussy detestava il precedente stile pianistico in cui erano stati scritti questi pezzi. Anche se non si sa quanta parte della suite sia stata scritta nel 1890 e quanta nel 1905, è chiaro che Debussy ha cambiato i nomi di almeno due dei pezzi. Passepied era chiamato Pavane, e Clair de lune era originariamente intitolato Promenade Sentimentale. Questi titoli provengono da poesie di Paul Verlaine.
Dopo una lunga malattia, Debussy muore a Parigi nel 1918.

domenica 10 settembre 2017

Arnold Schoenberg e la Dodecafonia

 Compositore austriaco naturalizzato statunitense (Vienna 1874-Bretwood Park, Los Angeles, 1951). Ebbe una formazione musicale irregolare e sostanzialmente da autodidatta. Dal 1901 al 1903 fu a Berlino, dove collaborò al cabaret artistico e letterario "Überbrettl" di E. von Wolzogen e insegnò composizione al Conservatorio Stern; ma all'insegnamento si dedicò in modo particolare dopo il suo ritorno a Vienna nel 1903. Nella capitale austriaca divenne amico di G. Mahler ed ebbe tra gli allievi A. Berg e A. von Webern.
Nonostante il successo del "Pierrot Lunaire" 1912 (manifesto dell'espressionismo musicale) la generale ostilità del pubblico e degli ambienti ufficiali lo spinsero a lasciarla, definitivamente, nel 1926 per trasferirsi a Berlino, dove era stato chiamato, alla morte di F. Busoni, a occupare una cattedra presso la Preussische Akademie der Künste. L'ascesa al potere di A. Hitler costrinse Schönberg a prendere nel 1933 la via dell'esilio e a stabilirsi negli USA, dapprima a Boston, quindi a New York e infine presso Los Angeles, dove dal 1936 ebbe una cattedra alla University of California. Nel 1940 ricevette la cittadinanza americana. Continuò a comporre fino agli ultimi giorni della sua vita, nonostante una grave malattia al cuore.

Il metodo dodecafonico

Nel primo dopoguerra Schönberg lavorò a un oratorio, Die Jakobsleiter (La scala di Giacobbe), rimasto incompiuto, ed elaborò il metodo dodecafonico, in cui ravvisava la soluzione necessaria a dare nuova coerenza costruttiva alle composizioni senza ritornare alle vecchie gerarchie tonali. Nei suoi lavori Schönberg usa questo metodo come uno strumento di controllo della distruzione dei nessi tonali (o eventualmente di un loro recupero minimale) e in funzione di una sorta di ultratematizzazione volta a ridurre tutta una composizione a una cellula unitaria, facendo peraltro coesistere la dodecafonia con il ritorno alle strutture formali tradizionali che negli anni precedenti aveva più radicalmente messo in discussione.I lavori di questo periodo sono le Variazioni op. 31 per orchestra (1926-28),  la Suite op. 25 per pianoforte (1921-23) e il Quintetto op. 26 per strumenti a fiato (1923-24). In Schönberg sono sempre coesistite arditezze innovatrici e profondi legami con la tradizione: la tensione derivante da tale duplice aspetto, che lo ha fatto definire “conservatore rivoluzionario”, è sempre un elemento caratterizzante della sua poetica, ne sono un esempio il Concerto per violino, 1936; Ode a Napoleone, 1942; Concerto per pianoforte, 1942.Nelle opere degli ultimi anni viene superata anche questa fase in una serie di capolavori che recuperano un'eccezionale libertà creativa, facendo proprie tutte le esperienze precedenti e facendo rivivere alla loro luce l'arditezza inventiva degli anni dell'espressionismo; si ricordano in particolare il Trio op. 45 (1946), De Profundis (1949), A Survivor from Warsaw (1947; Un sopravvissuto di Varsavia). Incompiuto è rimasto uno dei massimi vertici della produzione di Schönberg, Moses und Aron (Mosè e Aronne), i cui due atti portati a termine (1930-32) rappresentano uno dei testi più alti e significativi del teatro musicale del sec. XX (prima rappresentazione postuma a Zurigo nel 1957).
La Dodecafonia è una tecnica di composizione musicale attuata da Arnold Schönberg, che la definì “metodo per comporre con 12 suoni riferiti solo l'uno all'altro”. Essa presuppone la rottura dell'ordinamento tonale e delle sue gerarchie e costituisce una sorta di organizzazione dell'atonalità. Schönberg pubblicò nel 1923 il suo primo pezzo dodecafonico e a lui e ai suoi allievi A. Berg e A. Webern si deve la concreta formulazione della dodecafonia come momento fondamentale nella storia della musica del Novecento; ma intorno al 1920 anche J. M. Hauer e H. Eimert studiarono la teorizzazione di metodi analoghi. Secondo Schönberg la dodecafonia rappresenta la nuova organizzazione dopo che l'atonalità espressionista aveva sciolto tutti i nessi linguistici e fonda la sua necessità storica sulla saturazione dello spazio tonale. Un brano dodecafonico si basa su una serie comprendente le 12 note della scala temperata. La serie può essere usata nella disposizione originale, a ritroso (dall'ultima nota alla prima), invertendo la direzione degli intervalli, e nel ritroso dell'inversione. Accanto a questi procedimenti fondamentali, ispirati alle antiche tecniche contrappuntistiche, ve ne sono altri; inoltre la serie serve a organizzare il pezzo anche per quanto riguarda gli incontri armonici delle note: si applica cioè in senso verticale come in senso orizzontale. Il rispetto dell'ordine delle 12 note stabilito nella serie serve a garantire la distruzione di ogni gerarchia fra loro: in questo senso la dodecafonia non contraddice l'atonalità espressionista, ma la radicalizza, fornendo al compositore una sorta di sistema di controllo. La dodecafonia, accolta in accezioni profondamente diverse, caratterizza dopo il 1920 la produzione di Schönberg, Berg e Webern, che hanno scritto con questo metodo i capolavori della piena e tarda maturità, e hanno trovato seguaci in E. KrenekL. Dallapiccola e molti altri. Intorno al 1950 si operò, da parte dei più giovani compositori, un superamento della dodecafonia mediante l'applicazione della serie non solo alle altezze delle note, ma anche al ritmo, al timbro, alla dinamica e ad altre dimensioni del fatto musicale.